L’industria agroalimentare incontra l’impronta idrica: comunicato stampa post evento

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Si è tenuto il 5 luglio, l’evento “L’industria Agroalimentare incontra l’impronta idrica” organizzato da AISM e Consorzio Venezia Ricerche nella cornice del Parco Scientifico Vega di Venezia, ed ha avuto un ottimo riscontro oltre che esser stato un momento di un interessante dibattito tra imprese, mondo accademico ed il settore della consulenza riguardo la necessità di avere indicatori ambientali per la valutazione dei prodotti agroalimentari e soprattutto per misurare l’impegno per la sostenibilità ambientale delle imprese.

L’evento, sponsorizzato da Envirobytes, società americana che sviluppa software specifici e Depuracque nostra realtà locale di rilievo che si occupa della depurazione, ha visto la partecipazione di relatori di eccellenza provenienti dal mondo delle imprese di come Barilla e Brazzale e dal mondo scientifico con il contributo del prof. Tony Allan del King’s College di Londra, ideatore del concetto dell’acqua virtuale. Il settore alimentare, che come ha sottolineato il Direttore Generale di Federalimentare Italia, dott. Daniele Rossi è trainante per il nostro paese ed è, nonostante la crisi, ancora in crescita grazie alle esportazioni, ha una rilevante responsabilità nell’ambito della gestione delle acque poiché tale industria consuma e gestisce più dell’80% della risorsa idrica, ovvero delle acque dolci intese come acque superficiali e sotterranee prelevate dall’ambiente per scopi umani.

Ecco che, per la gestione sostenibile della risorsa idrica, ci vengono in aiuto strumenti come l’impronta idrica (in inglese water footprint) che permette di contabilizzare, nell’ambito di un singolo processo, di una impresa, di un cittadino, di un territorio o di una nazione, non solo il consumo diretto di acqua ma anche il consumo indiretto, ovvero quello “nascosto” nelle fasi di produzione e commercializzazione. Il che ci porta a scoprire che: se la produzione un kilo di pomodoro necessita di 214 litri di acqua, un kilo di passata ne richiede ben 710 litri dovuti in parte anche: ai processi che subisce il pomodoro, agli altri ingredienti, all’imballaggio, all’etichettatura ed alla sua commercializzazione. Se si valutano poi alimenti a più elevato potere nutrizionale come il latte o le uova si passa a volumi pari rispettivamente a 1.000 e 3.300 litri per kg di prodotto.

Ma l’importanza di misurare e supportare la gestione di tale preziosa e vitale risorsa attraverso l’impronta idrica risulta soprattutto prioritaria per le imprese agricole ed conserviere che utilizzano tale risorsa che, se ben gestita, può portare sia ad un risparmio economico per l’imprese sia ad un fondamentale contributo alla sostenibilità del territorio che esse sfruttano. Ciò è ancor più rilevante poiché per diverse ragioni (aumento demografico, cambiamenti climatici e inquinamento) stiamo per approssimarci ad un periodo di scarsità idrica anche in territori storicamente ricchi di acqua come il nostro.

Importante anche il contributo del Dipartimento Green Marketing dell’Associazione Italiana Marketing- AISM che ha evidenziato come l’uso dell’impronta idrica rappresenta sia un incentivo a un comportamento aziendale più sostenibile, sia un elemento determinante da utilizzare in una strategia comunicativa green oriented, capace di influenzare positivamente la reputazione di un prodotto o servizio.