L’aspirazione umana all’innovazione è da sempre fulcro dello sviluppo creativo di ogni civiltà; qualunque sia il suo grado di evoluzione questa tende comunque al progresso.
Se analizziamo l’origine etimologica della parola “innovazione” essa deriva dal termine latino “innovatio” composto dalla particella “in” e “novare” far nuovo da “novus”, nuovo, ossia alterare l’ordine delle cose stabilite per fare cose nuove.
di Luigia Pirrello ideatrice e coordinatrice del network Fashion Soul
In ambito moda esempio di innovazione tecnologica ormai classico è la calza di nylon, “resistente come l’acciaio e delicata come una ragnatela”, che vide la luce nel 1938. La scoperta della fibra di nylon, da parte del chimico statunitense Wallace Hume Carothers, ha rivoluzionato completamente il costume ed aperto un nuovo segmento di mercato; infatti in un solo anno vennero vendute ben 64.000.000 di paia di calze di Nylon.
L’innovazione è un’attività di pensiero che, elevando il livello di conoscenza attuale, perfeziona un processo migliorando quindi il tenore di vita dell’uomo, ma se approfondiamo la nostra ricerca scopriamo che, ad esempio, Eric Reiss, uno dei massimi esponenti mondiali dell’architettura dell’informazione, ci trasmette una definizione ben più geniale di tale termine.
Secondo Eric Reiss infatti “qualcosa di innovativo è qualcosa di utile”, utile a risolvere un problema, ma Reiss va oltre una superficiale definizione e infatti traccia delle regole guida al fine di progredire verso un’innovazione oggettivamente utile.
Le leggi scaturite dall’analisi di Reiss sono:
prima legge dell’innovazione: se un’innovazione non risolve un problema, ne creerà un altro;
seconda legge dell’innovazione: i problemi non esistono nel vuoto e le soluzioni spesso hanno conseguenze inattese;
terza legge dell’innovazione: un’innovazione potrebbe capitare per caso;
quarta legge dell’innovazione: chi innova conosce e comprende le regole, questa è la differenza tra innovazione e idiozia;
quinta legge dell’innovazione: le soluzioni intuitive non hanno bisogno di istruzione (chiaramente considerandone il contesto d’uso… l’intuizione va bene per un sito ma per un applicativo serve l’istruzione);
sesta legge dell’innovazione: gli inventori competono mentre gli innovatori collaborano.
Molti sono i campi di ricerca e sviluppo dell’innovazione che l’indole umana ha voluto approfondire, tra essi, nella filiera moda, ne è espressione altamente rappresentativa la creazione e successiva implementazione di tessuti altamente innovativi e performanti mediante l’utilizzo delle tecnologie più avanzate.
I tessuti cosiddetti “intelligenti” possiedono proprietà ben più avanzate di quelle che le “normali” fibre hanno da sempre fornito per loro natura o mediante i finissaggi più evoluti.
Questi diventeranno dei veri e propri veicoli conduttori di sostanze utili a migliorare il benessere e la salute mediante l’interazione con il corpo umano.
In alcuni casi si tratta di capolavori dell’ingegno, pertanto potrebbero essere definiti “tessuti ingegnerizzati”.
Per ottenere tali risultati vengono inserite nelle cavità delle stesse fibre, o nello spazio fra una fibra e l’altra, migliaia di microcapsule, invisibili ad occhio umano contenenti le sostanze interessate a fornire gli effetti desiderati: cosmetici o medicamentosi ad esempio.
I fattori che «liberano» gli agenti inseriti nelle fibre mediante tali tecnologie sono:
– le variazioni del PH: le membrane delle microcapsule aggregate al tessuto non sono solubili al PH 6-7, ma lo sono al PH 4-5 della pelle. Una volta sciolte, permettono che gli elementi prima trattenuti entrino in contatto con la pelle;
– l’attrito: è il sistema più importante per liberare gli elementi. Il tessuto, infatti, mediante l’attrito con la pelle, riesce a liberare i componenti delle microcapsule (riveste un ruolo molto importante la temperatura corporale);
– la biodegradazione: gli enzimi della pelle agiscono attivando i biopolimeri.
Ma quali sono dunque alcuni dei numerosi tessuti definiti “intelligenti”?:
Le COSMETOFIBRE che svolgono anche la funzione di trattamento di bellezza sul corpo umano con proprietà ad esempio reidratanti, rassodanti, rilassanti, autoabbronzanti.
Ad esempio la società giapponese Toray Textiles ha realizzato un tessuto impregnato con microcapsule che rilasciano gradualmente un’essenza di aloe vera, che ha anche un’azione antibatterica, quando il tessuto viene riscaldato a contatto con il corpo. Anche l’inglese Welbeck Fabrics produce tessuti profumati con aloe vera, oltre quelli alla lavanda, vaniglia e limone.
I TESSUTAMENTI con la funzione principale di favorire la cura del corpo tramite l’inserimento nelle fibre di medicamenti quali vasoprotettori, antalgici, emostatici, vasodilatatori, ecc.
I TESSUTI ANTIBATTERICI: contengono molecole antimicrobiche che inibiscono la crescita e distruggono i batteri (funghi, muffe), molto utili nella creazione di indumenti «privi di cattivo odore».
I TESSUTI AUTOPULENTI: sono stati inventati dal Politecnico di Hong Kong utilizzando nanotecnologie basate su nanostrutture di titanio che rendono il tessuto resistente alle macchie, permettendogli, inoltre, di decomporle fino a che spariscano.
I TESSUTI CHE NON SI BAGNANO: sono quei tessuti dotati della proprietà di asciugarsi in modo quasi istantaneo dopo essere venuti a contatto con liquidi di cui la versione più recente è quella proposta dalla TESSITURA TAINA.
I TESSUTI TERMOREGOLATORI: già noti e sempre più efficaci. Evitano la sudorazione eccessiva e trattengono il calore. Sono tessuti traspiranti, e quindi idonei alla confezione di indumenti sportivi. Hanno la facilità di regolare l’umidità, deviando il sudore verso l’esterno e dando una sensazione di freschezza quando aumenta la temperatura. Se quest’ultima diminuisce, si crea uno strato di protezione contro il freddo esterno.
I TESSUTI ANTI UV: capaci di contrastare i raggi UV perchè arricchiti di sostanze anti UV.
I TESSUTI TERMOPLASTICI: permettono di modificare stabilmente la superficie di un tessuto creando plissé, pieghe e arricciature, forme particolari che non si alterano e sono resistenti ai procedimenti di manutenzione dei capi.
Ma la novità forse più “intrigante” proviene dagli sviluppi applicativi di un materiale creato negli studi spaziali della NASA: Aerogel, un leggerissimo materiale isolante, composto per oltre il 95% di aria, quindi il materiale più leggero esistente sulla terra. Inoltre possiede capacità isolanti superiori a qualsiasi altro composto conosciuto e verso tutti i tipi di trasferimento energetico: termico, elettrico o acustico. Le prime applicazioni nel campo dell’abbigliamento sono appena cominciate. Pionieri nel campo sono gli inglesi della società Mulberry con la loro “Magic Aerogel Jacket”. La diffusione di questa nuova tecnologia molto dipenderà dai costi di processo e dall’attenzione posta su una efficiente politica di marketing.
Molte ed altre di queste tipologie di tessuti vengono costantemente implementate ed utilizzate dai creativi delle case di moda maggiormente all’avanguardia nel campo dell’innovazione tra i quali Zegna, Marzotto, Ziche, Dolce&Gabbana, Prada, DSquared2, Costume National e dando così in un certo senso forma ai sogni degli stilisti più estrosi e futuristici.
Ultima testimonianza di tale ricerca innovativa proviene direttamente dalle passerelle di Parigi per le collezioni Fall-Winter 2010-2011 in cui Ennio Capasa, designer del brand Costume National, ha fatto sfilare la sua collezione ispirata al concetto di “Morphing”.
Il “Morphing” corrisponde al desiderio di unire organico ed inorganico, natura e futuro in capi che grazie alle nanotecnologie fondono pelle, tessuto e pelliccia con la maglieria di ogni peso e consistenza.
Nei tessuti”intelligenti” oltre alle microcapsule si pensa di inserire anche dei veri e propri sensori capaci, ad esempio, di monitorare lo stato di salute di colui che li indossa, fornendo così ai medici tracciati delle funzioni organiche.
Nel campo dei tessuti intelligenti e sensorizzati si era già mossa una ricerca del 2004 realizzata dal laboratorio di domotica della Fondazione Politecnico di Milano in collaborazione con il WOWS! LAB con l’obbiettivo di rilanciare le ricerche e lo sviluppo di metodi e tecnologie nel settore biomedico, quale la progettazione e lo studio di un “tessuto intelligente” per rilevazioni di biosegnali tramite una registrazione di biodati, non intrusiva, naturale, e senza vincoli.
Tale ricerca aveva come scopo finale la creazione di un tessuto intelligente con caratteristiche quali l’aderenza di elettrodi alla pelle del soggetto, minimo scivolamento tra tessuto e derma, easy fit, assenza di cattivi odori, easy care, da applicare ai campi della domotica, del lavoro, del fitness, per soddisfare finalità di monitoraggio clinico, valutazione delle funzionalità mediche di soggetti quali ad esempio astronauti o forze dell’ordine, valutazione del livello di comfort e scambio di informazioni con l’ambiente.
L’ultima tendenza nel campo dei “tessuti ingegnerizzati” è quella dei tessuti “tecno naturali”: tessuti che mantengono l’aspetto e la mano degli originari (grazie anche al taglio della fibra sintetica secondo la lunghezza delle fibre naturali, dette di taglio laniero o cotoniero) ma che sono trattati e finiti in modo da conferire loro nuove caratteristiche tecniche.
Esempi molto noti di quanto detto sopra sono le fibre “Goretex”, “Windstopper”, “Sympatex”, “Teflon” e trattamenti al silicone prima e dopo i procedimenti di finissaggio tessile.
Nuovi prodotti in fase di studio e sviluppo dell’abbigliamento funzionale sono “Gore-Tex XCR” e “Gore-Tex PacLite” e gli ultimi ritrovati dell’ azienda statunitense Outlast.
Dalla parte opposta si sta lavorando anche sulle fibre naturali cercando di renderle più funzionali. Sempre al lavoro nuovi trattamenti in mischia con fibre sintetiche, come Lycra e Tactel.
Mediante le nanotecnologie anche la fibra naturale è capace di acquisire le proprietà più inaspettate, le tecnologie spostano in avanti il concetto di materiale, che diventa dinamico e malleabile all’esigenza degli stilisti di stupire ad ogni collezione .
Ne è stato un esempio l’idea di incrociare fibre naturali e “chimiche”, o di trovare una terza via tra le due scelte, come ad esempio Loro Piana che, lavorando a stretto contatto con la Gore, ha sviluppato la tecnologia “Storm System”, che accresce le naturali proprietà termiche di diversi tessuti, come lane, cashmere, lini, rendendoli totalmente impermeabili e resistenti al vento.
Il connubio Moda e tecnologia inizialmente sottovalutato è ormai diventato colonna portante di un sistema esigente in continuo divenire al fine di soddisfare le ormai molteplici richieste di un “Customer” non più soggetto passivo della catena produttiva ma, difatti, ormai evolutosi in “Prosumer”.
A tal proposito Robert Grant professore ordinario e titolare della “Eni Chair of Strategic Management in the Energy Sector” all’Università Bocconi e nella prefazione del libro ” Moda & Tecnologia” di Marina Garzoni e Roberto Donà ha dichiarato: “A prima vista moda e tecnologia sembrano dare l’idea di mondi completamente differenti: uno fa riferimento alla sfera dell’oggettivo, del funzionale e del razionale; l’altro a quella del soggettivo, del personale e dell’elettivo… ma in quest’epoca di paradossi e incongruenze le pressioni competitive stanno spingendo a una crescente convergenza di mondi separati”.
Dall’ analisi accurata di tale convergenza ormai inevitabile ed essenziale si giunge allo sviluppo di un’offerta sempre più competitiva ed aggiornata; avvalendoci del modello proposto da Porter e Millar, l’ “Information Intensity Matrix”, possiamo valutare la rilevanza dell’ information tecnology nei diversi settori industriali leggendo in modo coordinato il contenuto informativo del prodotto e l’intensità informativa della catena del valore.
Tale modello analizza due delle componenti della vita di un’azienda in cui tecnologia ed informatica incidono: il prodotto ed il processo.
Ci chiediamo dunque dove porre la moda in tale schema: cio’ che prima era creatività, rivolta ad un consumatore non ancora “prosumer”, grazie alla convergenza moda e tecnologia si è trasformata in “informatizzata” legata al patrimonio informativo che le aziende hanno rispetto alle abitudini, gusti e comportamenti del proprio consumatore volto sempre più ad un futuro flessibile ed eterogeneo.
Nella moda, le imprese, più che in ogni altro settore, devono essere flessibili nella gestione del proprio portafoglio prodotti per essere reattive alle molteplici e diverse sollecitazioni del mercato.
Tale reattività rispetto alle modifiche di piani di lavoro, alla revisione dei processi distributivi, al mix di prodotto, è possibile solamente grazie ad un contesto aziendale fortemente integrato dal punto di vista informativo e dotato di strumenti tecnologici all’ avanguardia.
Tale nuovo modello ha come rilevante strategica quella di riconfigurare il business, applicando modelli di impresa innovativi quale ad esempio il “fast fashion”, e nuovi canali distributivi, quali l’e-commerce, o ancora la possibilità di sviluppare prodotti sempre più ingegnerizzati quali ad esempio il connubio tra due grandi brand NIKE ed APPLE al fine di far interagire l’iPod con le scarpe da running tramite un sensore collocato nell’apposito alloggiamento sotto la soletta.
Esempio analogo di capo multitask è la “Zegna iJacket”, la giacca sportiva prodotta da Ermenegildo Zegna che coniuga materiali innovativi e tecnologie avanzate per permettere l’ascolto del proprio iPod custodito all’interno del giubbino; sulla manica della “iJacket” si trova un pannello di controllo che permette l’accesso ai comandi del player e ne consente il pieno controllo.
Ma qual’è dunque lo strumento di comunicazione adeguato alla diffusione di messaggi mirati volto ad un “prosumer” sempre più esigente ed informato tramite la relazione con altri suoi “pari”? I consumatori grazie ad internet si scambiano opinioni, idee, suggerimenti determinando così il successo o meno di un prodotto, è quindi dallo studio e successivo sfruttamento del Web 2.0, tramite opportune strategie di marketing, che le aziende possono acquisire un patrimonio informativo, difficilmente ottenibile altrimenti, tale da poter testare e posizionare al meglio i proprio prodotti.
Se le aziende saranno pertanto capaci di convertire la loro struttura a favore della ricerca e dell’innovazione costante, senza però perdere quel pizzico di incoscienza creativa che le caratterizza, avranno trovato il giusto mix per non passare mai di moda.