Quando penso alla parola ‘start up’ , istintivamente la collego a ‘wake up’ , entrambe tradotte in italiano perdono di efficacia o risultano ambigue. Svegliarsi, infatti, non ha in sé quel contenuto di movimento e di ripartenza che ‘wake up’ evoca immediatamente col suono, lo stesso capita con ‘snap decision’ , è rapido e quasi onomatopeico, emozionalmente efficace.
di Giovambattista Rizzo
Mi occupo da 30 anni, come consulente o manager, di rivitalizzazione di core business, cambiamenti organizzativi, start up di prodotti e aziende, gestione delle fasi più critiche per lo sviluppo o il salvataggio aziendale: in un certo senso, sono tutti interventi di ‘start up’ in cui è necessario innanzitutto il ‘wake up’ e poi occorre operare con ‘snap decisions’ , molta esperienza e creatività produttiva, per riuscire ad imprimere un significativo ‘cambio di marcia’ e partire davvero, o ripartire.
Ho avuto come cliente una società leader nella gestione dei pagamenti con carta di credito, nata e cresciuta per decisione dei principali grandi gruppi bancari. Quando hanno cominciato a fondersi e trovar di conseguenza più conveniente internalizzare la gestione di quei pagamenti, la società mia cliente ha cominciato a perdere fatturato, senza riuscire a recuperarlo con altre banche più piccole, perché la consideravano adatta solo a gestire i grandi gruppi e quindi incapace a comprendere le loro esigenze.
E’ un classico problema di riposizionamento strategico, risolto in chiave di Marketing sostituendo subito il tradizionale e costoso catalogo cartaceo con una brochure multimediale su mini cd formato carta di credito, come biglietto da visita innovativo e distintivo della società che puntava ad essere leader nella gestione dei pagamenti con carta di credito, coniugando attenzione ai costi, tecnologia e qualità.
E’ stato naturalmente solo il primo intervento. Ad un’originale campagna pubblicitaria con miei fumetti ha fatto seguito un sostanziale rinnovo nella formulazione dei contratti ed ho lanciato così il cosiddetto Contratto Bonus-Malus, che lega qualità e prezzo: una percentuale del corrispettivo annuale viene infatti ‘congelato’, a garanzia per la Banca Cliente che verranno rispettati gli elevati livelli di servizio contrattuali; a fine anno, scatta l’opzione Bonus se i livelli effettivi sono maggiori o uguali a quelli contrattuali, consentendo l’incasso del 100% del corrispettivo; scatta invece l’opzione Malus se quei livelli sono inferiori, ma in tal caso anche l’incasso è inferiore perché la Banca risparmia la percentuale che era stata congelata a garanzia.
Questo e altri interventi erano necessari perché la società in questione doveva rivitalizzare il proprio core business, attraverso un lavoro duro ma anche creativo fatto di ‘wake up’, ‘snap decisions’ e start up.
Altre volte sono stato coinvolto da imprenditori brillanti con un forte background tecnico che avevano profuso energie e risorse nello sviluppo di un progetto tecnologico avanzato e complesso che però stentava a trasformarsi in un vero e proprio progetto industriale e imprenditoriale.
Quello è lo start up più stimolante, perché a fine intervento quell’idea ormai ha preso corpo e si è fatta azienda, che assume, produce, fattura, vive e vivrà: sono un ingegnere e mi piace costruire, faccio start up da 30 anni e perciò il mio è un curriculum a cielo aperto, infatti tutto quello che ho fatto c’è ancora…
Non posso entrare nel merito dei contributi apportati perché in molti casi fan parte integrante della mission e del posizionamento strategico di successo delle aziende in cui ho fatto interventi. Ci sono però degli elementi comuni, delle costanti di comportamento che è bene conoscere, perché è proprio in momenti di crisi che conviene far partire start up: approfittando del mercato in stand by, si ha infatti il tempo per impostare nuovi progetti e cominciare a svilupparli, nella fase iniziale non occorrono grandi capitali e quindi non si soffre per la stretta creditizia ed è inoltre più facile ed economico trovare personale qualificato da motivare al raggiungimento degli obiettivi di progetto.
Ma il primo errore in cui si incorre è innamorarsi del proprio progetto, è un errore anche quando il progetto è valido perché comunque può generare conseguenze dannose:
-si continua a migliorarlo senza sentirsi mai pronti a passare alla fase produttiva ed al vero riscontro
-si disperdono energie in troppe direzioni e applicazioni senza scegliere quelle strategicamente decisive
-si insiste con una business idea che non è (o non è più) bene a fuoco rispetto alle esigenze del mercato.
Chi ha esperienza di start up e di gestione aziendale ha buon gioco in questi casi a correggere il tiro.
Ma il vero wake up e il decisivo intervento di Marketing strategico si ha quando, prima dell’imprenditore e lui malgrado, ci si rende conto che la capacità distintiva che crea un differenziale competitivo potrebbe essere utilizzata in modo diverso (in un servizio anziché un prodotto, in un componente anziché in un sistema) e risultare così molto più appealing in un mercato più accessibile e/o comunque più profittevole.
Ho un esempio recente. Durante un incontro con un Fondo di Venture Capital, mi sono reso conto che il progetto del mio cliente era considerato molto valido ma troppo a rischio, perché ‘prodotto nuovo in mercato nuovo’. Allora provocatoriamente ho chiesto: “E se fosse accessorio nuovo in mercato vecchio?”
Inutile dire che la risposta mi ha stimolato a proseguire sul nuovo percorso, fino a rendermi conto che il vero punto di forza e di eccellenza di know how di quel team di progetto non era nel prodotto finito, ma in un qualificante dispositivo alloggiato al suo interno, un sistema di controllo intelligente applicabile con le opportune modifiche come accessorio innovativo ed estremamente efficace di prodotti consolidati, con volumi più elevati, in mercati più maturi cui l’accessorio -non da solo- può comunque dar nuovo impulso.
La ricerca di fondi per finanziare start up è comunque uno dei problemi chiave da affrontare.
Può sembrare strano, ma è proprio il Marketing Strategico che può aiutare a risolverli.
L’imprenditore ci mette pochi soldi e tanto sudore dando valore al sudore, mentre chi finanzia è abituato a dar più valore ai soldi: perciò, in assenza di fatturato e semmai anche di ordini, quanto vale il progetto?
Perché è inutile dire che, agli EBIT fantastici previsti dal piano economico-finanziario, anche ben costruito e ben supportato, pochi sono disposti a credere a valore facciale… E allora?
Io cerco di solito di stabilire prima delle partnership, tecnologiche o commerciali: il valore dell’azienda da far decollare diventa allora il valore dei partners in cui si riesce a suscitare interesse, non bisogna limitare però le proprie ambizioni, se si è convinti della validità del progetto bisogna puntare in alto il più possibile, il difficile -ed è Marketing Strategico- è ovviamente far emergere sinergie possibili o interessi comuni, che consentano ad esempio al big player un completamento di gamma cui aveva rinunciato per mancanza di quel know how specifico che ora invece l’azienda in fase di start up può apportare.
Nelle negoziazioni tra Davide e Golia, vale comunque la cosiddetta regola del Gronchi rosa.
Ero in una piccola, promettente azienda che stavo con fatica e successo facendo decollare, quando finalmente riesco a ottenere l’incontro, nei nostri precari locali, con il Vice Presidente di un Gruppo che avrei tanto aver voluto come cliente, mentre invece in quel momento io ero con l’altro, il più piccolo.
Il Vice Presidente arriva a bordo della mega auto con autista, mostra qualche insofferenza per la nostra aria condizionata nel senso di razionata, comincia infine a giocare il suo ruolo col chiaro intento di intimorirci per indurci ad accettare condizioni capestro, ma io lo interrompo bruscamente così:
“Lo sa, Dottore, non riesco proprio a dimenticare il caso di quel bambino di 5 anni che trovò per terra un francobollo di grande valore, sì, mi sembra che fosse proprio il Gronchi rosa. Il bambino voleva venderlo e riuscì ad incontrare Bolaffi, il più grande collezionista italiano. Ma a quell’incontro poco contava che da una parte c’era il bambino e dall’altra Bolaffi, la posta in gioco era infatti il Gronchi rosa…”
Io cerco perciò, quando mi capita, di far capire ai miei clienti che in mano hanno il Gronchi rosa e devono comportarsi di conseguenza: in qualche occasione, il cliente il Gronchi rosa se l’è trovato alla fine, dopo il mio intervento, accettando anche di percorrere con coraggio strade nuove e con modalità innovative, dando credito al fatto che spesso sono stato catapultato nella giungla del Vietnam per districare problemi mai risolti o cercar vie di fuga e sono ancora in pista, con la voglia di accettare ancora la sfida e di nuovo rimettermi in gioco…
Per realizzare start up, bisogna infatti innanzitutto volersi mettere in gioco, quindi convincere chi lavora con te a mettersi in gioco per realizzare il progetto, bisogna infine seguire alla lettera la regola di Lewis: no, non Jerry, il comico, ma Carl, il figlio del vento, il mitico trionfatore delle olimpiadi di Los Angeles.
A chi gli chiedeva come fosse riuscito a essere l’uomo più veloce del mondo sui 100 metri, lui disse: “E’ semplice, per i primi 90 metri do il massimo.”
“E dopo?” Lo incalzò il giornalista?” “Subito dopo, accelero.”
Questo è il fascino adrenalinico degli start up, spero di esser riuscito almeno in parte a trasmetterlo, in questi tempi difficili siamo d’altronde tutti chiamati ad uno start up collettivo…