Il ragazzo che voleva diventare un aggettivo. Una vita da romanzo


Il ragazzo che voleva diventare un aggettivo.
Una vita da romanzo

di Enrico Cogno, Associato AISM

“Il ragazzo che voleva diventare un aggettivo”
è un quadro variopinto della vita di Bic, il soprannome dato ad un giovane per via della sua mania di scrivere in continuazione con una penna a sfera (la matita si poteva cancellare e a lui dava fastidio che un colpo di gomma annullasse la ricerca di tante parole scelte con amore) sotto al quale si cela l’autore di questo romanzo,
Enrico Cogno, che racconta in terza persona solo pura, scintillante verità.

Il giovane Bic invidiava quelli che avevano avuto il loro nome trasformato in aggettivo (stile “manzoniano”, poesia “leopardiana”) e produsse in tutta la sua vita una quantità di parole nella speranza che forse, alla fine, si sarebbe trovato a firmare le copie di un suo romanzo in una libreria affollata.

“Un adulto creativo è un bambino sopravvissuto”, dice Ursula K. Le Guin.
Questo è un romanzo di vita, dice Francesco Botti nella prefazione, per una vita da romanzo. Un libro denso, piacevole, insolito e musicale. Si legge d’un fiato. Già questo potrebbe bastare. Eppure, quando il lettore meno se lo aspetta, ecco l’ennesima sorpresa: un metaromanzo nel romanzo, Vivere, un racconto che è un inno alla vita.

Dopo undici libri di saggi e di manualista questo è il primo romanzo di Enrico Cogno.

Tra le prime recensioni da segnalare quelle di Claudio Trionfera (a suo tempo capo-redattore di Enrico) e una serie di “storici ex-allievi” e colleghi: Giulia Pigliucci, Massimo Alesii e Mauro Covino, di seguito riportate.
                                                                                                               Daniele Votta


Chi è Bic?
Nel sentire il nome Bic, di solito tutti pensano alla penna a sfera. È la cosa più nota, un nome che non è frutto di fantasia ma, con la H finale, era il cognome del barone Bich che diventò milionario lanciando la penna a sfera inventata da un certo Birò, che sapeva invece creare oggetti innovativi ma non era abile nel renderli redditizi. Esattamente il contrario dunque del barone Bich che non sapeva inventare niente ma trasformava in denaro le invenzioni degli altri. La penna biro, senza la H finale del barone e senza l’accento finale del suo inventore, ancora oggi la usano tutti. La utilizzava, negli anni ’40, anche un ragazzo che in casa veniva chiamato Bic proprio perché passava tutto il tempo a scrivere con una penna a sfera. La sua storia è narrata in un romanzo nel quale, dietro al nome fittizio di Rodolfo Musso (Bic), si cela l’autore, Enrico Cogno, che racconta in terza persona i fatti salienti della sua vita.

Il titolo è dovuto al fatto che Bic, durante la correzione di un suo tema a scuola, venne gratificato dall’insegnante che definì la sua prosa “manzoniana”. Che un autore potesse diventare un aggettivo colpì profondamente Bic: sarebbe stato il suo sogno ma il cognome non si prestava proprio (“mussoniano” suonava davvero male). Pensò allora che magari, anche senza diventare un aggettivo, sarebbe stato bello firmare, alla fine della vita, le copie di un suo romanzo in una libreria affollata.

Dice Francesco Botti nella prefazione:
“Un romanzo di vita per una vita da romanzo: una scrittura semplice, che obbliga il lettore a scorrere senza sosta le pagine. Già questo potrebbe bastare, ma quando il lettore meno se lo aspetta, ecco l’ennesima sorpresa: un metaromanzo nel romanzo, Vivere, un racconto che è un inno alla vita che, per uno scherzo del destino, viene spedito a un amico, senza che ancora si sappia che è appena deceduto. Una storia in cui il desiderio di vivere, senza dimenticare mai quanto sia bello, riaffiora potentemente, ma a caro prezzo”.

Il libro è denso, piacevole, insolito. Tra molte cose, colpiscono gli accostamenti con la musica, la loro sovrapposizione all’atto narrativo e l’idea che ne nasce relativamente ad un andamento armonico del testo e dell’azione.

Sublimi le descrizioni delle donne, soprattutto per l’intensità dei loro sguardi, in un racconto in cui si apprezzano il ritmo e i dialoghi incalzanti, alternati a descrizioni sorprendenti. In definitiva, il filo che unisce le due aree del libro si raccoglie attorno al concetto di viaggio zigzagante, tra figure e caratteri, con un’attenzione particolare ai giovani e un’ottima capacità descrittiva della loro personalità: la figura di quella Loredana quasi neorealista, il sublime flauto di Barbara (una lacerante figura femminile) e tutte le altre, al centro di una Ischia in cui una grande tela di ragno conduce inesorabilmente i personaggi verso la loro fine.

Una bella struttura narrativa che potrebbe ispirare un film tra realismo, psicodramma e fantasy. Pur non scivolando lungo gli arabeschi tipici di certi scrittori, il libro riesce a delineare delle immagini eleganti e profonde, con grande cura dei particolari, pure rimanendo in una scrittura asciutta, con uno stile molto personale.

Dopo dodici libri di saggi e di manualista questo è il primo romanzo di Enrico Cogno, un libro denso, piacevole e insolito. Da non perdere. 

                                                                                                   Claudio Trionfera



“Il ragazzo che voleva diventare un aggettivo. Una vita da romanzo”.
È un libro che si legge d’un fiato, è come un brano di musica jazz così amata da Bic, il soprannome di Rodolfo Musso, lo pseudonimo sotto il quale si nasconde l’autore. Il testo scorre con un ritmo imprevedibile quanto mai armonico che ci sorprende ad ogni cambio di capitolo. Lo straordinario è che il lettore mentre lo assapora può, per chi lo conosce da anni, ascoltare la voce inconfondibile e quel modo ironico e sottile di proporsi del narratore: Enrico Cogno. Una vera vita da romanzo quella di Bic che grazie al suo essere multipotenziale, come si definisce in uno degli ultimi capitoli, è stato in grado di rovesciare gli schemi, destrutturando le regole e utilizzando interessi, capacità, curiosità, talenti di chi per propria natura è eclettico, qualità grazie alla quale forse non ha mai lavorato un giorno, poiché ha sempre amato ciò che faceva. Quel suo modo di passare dall’esibirsi con una band sul palcoscenico all’impegno agonistico negli sport, dalle campagne pubblicitarie all’organizzare grandi eventi tra i più disparati, dal dare la voce a una serie di programmi radiofonici allo scrivere libri, da indagare e a comprendere, agli albori di questo nuovo mondo, le potenzialità dello sviluppo informatico, ci restituisce il come il vero protagonista, l’autore, sia uno degli artefici principali della comunicazione italiana e come sia stato d’impulso e abbia formato tanti comunicatori che oggi sono dei professionisti affermati. Se, quindi, il fine ultimo di Bic è quello di raccontarci la vita del protagonista, tra le righe, per chi ha avuto la fortuna di farne parte, emerge la genesi e la storia trentennale di una delle più interessanti esperienze di formazione che mai ci sono state in Italia: il Centro Studi Enrico Cogno & Associati di Roma. Non una scuola, ma un laboratorio di pensiero, di creatività, multidisciplinare, interdisciplinare e pluri-specialistico. Motivo per il quale tutti ci si sente figli grati e tra di noi, senza ombra di dubbio, riconoscibili.

Il libro termina con un vero e proprio racconto che si allontana dal resto delle pagine, anche se in queste se trova l’ispirazione e le tracce nella descrizione di come un grande del giornalismo italiano, all’inizio della sua carriera, riuscì a ribaltare il racconto di una pagina di cronaca, permettendo ai lettori di scorrere nelle righe del testo pubblicato sul quotidiano le vite di chi era stato coinvolto da quel episodio di nera. I personaggi da prima si raccontano per poi ritrovarsi insieme nel vivere qualcosa che cambierà per sempre la vita di ciascuno di loro. Grazie all’imprevedibilità Luca, il personaggio principale, comprende il senso stesso della vita, della sua accidentale casualità ed ineluttabilità, e coglie il significato profondo del cosa sia lo stesso vivere e di quel sentimento, così ben descritto nella Veglia di Giuseppe Ungaretti, «Non sono mai stato / tanto / attaccato alla vita».

L’autore attraverso le parole, scelte con cura, ci consegna con una massima di Mahatma Gandhi «Siate il cambiamento che volete vedere nel mondo» un ulteriore insegnamento, un messaggio, un’indicazione per il futuro. 

                                                                                                              Giulia Pigliucci



“Gli Stati dell’Io non sono ruoli, ma sono parti reali, distinte, di ciascuno di noi che, insieme, costituiscono la totalità di noi stessi. Noi ci troviamo sempre nell’uno o nell’altro dei nostri Stati dell’Io.” (Mavis Klein – L’autoanalisi transazionale).

Ho studiato l’analisi transazionale grazie al Prof. Enrico Cogno, e gliene sarò sempre grato. Così come lo sono di questo piccolo romanzo, “Il ragazzo che voleva essere un aggettivo”, che racconta parti inedite della sua vita, soprattutto giovanile. Ci sono molti livelli di lettura in questo scritto e colpisce particolarmente quell’Io Bambino di Bic capace di scrivere di tutto, ovunque, in ogni momento della vita.

È quell’IO che comprende quegli aspetti tipicamente infantili come la spontaneità e l’emotività, nonché i comportamenti e le esperienze sperimentate durante l’infanzia. Quando è attivo lo stato dell’io Bambino, lo sappiamo dall’analisi transazionale, ci si comporta come quando si era bambini, mettendo in atto le stesse strategie, ed essendo influenzati dalle stesse paure.
Ancora una volta Enrico Cogno, uomo, giornalista, scrittore, musicista e… formatore, ci ha stupiti, con una prosa semplice, diretta, quasi un diario che un bambino, appunto, avrebbe potuto scrivere con la sua Bic.
Tutti i veri Maestri alla base hanno la più grande delle risorse: l’umiltà. E la messa a nudo di una storia personale e intima così interessante certamente lo dimostra e sarà d’insegnamento per molti.
Questo libro è una ennesima chiave, che, in età avanzata, ci apre la porta del futuro, attraverso una introspezione di un passato che non sembra remoto, ma dietro l’angolo della nostra coscienza quella del Bambino, che dentro di noi, rinasce, ogni giorno. Grazie Prof.!

                                                                                                            Massimo Alesii


C’è molta Vita nel primo romanzo di Enrico Cogno. Vita vissuta, tra mille peripezie e mille avventure, veri e propri “slice of life” che ci consentono di coordinare la idea che ci eravamo fatti di lui, di confrontarci con la sua Immagine Reale, non solo la sua Immagine Riflessa, costruita con le sue Competenze Distintive delineatesi nel tempo grazie alla sua manifesta Multipotenzialità.
Ci sono molte vite nella vita vissuta di Enrico Cogno, dotato di una innata capacità di adattamento al cambiamento, nei tempi e nei modi di approcciare le situazioni reali, con mille “trucchi” sentiti moltissime volte nelle sue chiacchierate e che ci fanno ricordare la sua specificità di Uomo Artista che riesce sapientemente a coniugare il suo talento letterario con un’insita capacità di adeguare il suo orecchio musicale allo scorrere del tempo.

Che dire; per chi come il sottoscritto ha avuto il piacere di conoscerlo qualche tempo fa rimane il piacere di ritrovare nel romanzo un Uomo con mille risorse che ha fatto Virtù della sua tracimante personalità, piena di stimoli e di riflessioni, tracimante ma mai tracotante.

Sempre con l’Obiettivo di consigliare come Sviluppare Noi Stessi, come aumentare il nostro Empowerment.

Perché Enrico Cogno ci ha sempre insegnato che le attività che realizziamo vanno sempre saggiamente valorizzate.

Fare le Cose, Farle Bene, Farle Conoscere. E lui ha fatto e continua a farlo sempre in maniera egregia. Per questo è un libro che va letto, per chi lo conosce ed ha il piacere di ritrovare nello scritto situazioni sentite che rappresentano la sua vita. Con i problemi trovati e le soluzioni applicate.

Per gli altri è un modello di riferimento da apprendere per capire perché – come ci dice Confucio – la felicità più grande non sta nel non cadere mai, ma nel risollevarsi sempre dopo una caduta. Buona lettura! 

                                                                                                        Mauro Covino



Il ragazzo che voleva diventare un aggettivo:
Una vita da romanzo

di Enrico Cogno
Edizioni Bookness
20/05/2023 – pp. 190 –  Copertina flessibile € 19,90
ISBN-13 ‏ : ‎ 979-1254892268