Il Marketing degli anni 2000 per il non profit

Il seminario tenuto sabato 14 maggio presso V.S.S.P., Centro Servizi per il Volontariato della Provincia di Torino è stata un’occasione di riflessione sui punti di incontro tra il mondo del profit e quello del non profit, in particolare quando il Volontariato si trova di fronte alla difficoltà crescente di reperire fondi per le proprie attività dagli Enti Pubblici. L’alternativa può essere rappresentata dalle aziende che, aderendo ai principi della Responsabilità sociale d’impresa, possono diventare partner di Associazioni non profit. Per capire come questo incontro possa avvenire è interessante riflettere su alcuni spunti di riflessione sui mutamenti che la società e l’uomo consumatore, oggetto di studio del marketing, stanno attraversando in questo inizio di millennio, definito da alcuni autori. “società post-moderna”.

Posta l’inadeguatezza del PIL quale unico indicatore atto a misurare lo sviluppo economico e la qualità della vita, e l’esigenza, per le aziende, di scoprire i significati intangibili dei prodotti, di fronte ad un consumatore che tende a diventare un consum-attore, il marketing, intermediario tra domanda e offerta, è costretto a riconsiderare i suoi paradigmi e a non vedere l’uomo solo come soggetto economico, ma nel suo agire sociale.

Se questo è vero, occorre considerare il significato psicologico e socio-culturale del consumo, la relazione che tende ad instaurarsi tra produttore e consumatore, anche grazie alle potenzialità del web 2.0, come luogo di acculturazione per entrambi.

Da qui, l’esigenza di un nuovo marketing relazionale che consideri il consumatore non suddito ma portatore d’interessi.

Ma anche di un marketing detto “esperienziale”, in cui il consumatore supera il concetto di prodotto come oggetto di desiderio, e pretende di partecipare ad esperienze significative. E’ qui che si colloca il Volontariato, come portatore di esperienze positive, della cittadinanza attiva e del principio di sussidiarietà tra Stato e Mercato.

Dopo una breve disamina del passaggio epocale dall’individualismo alla comunità e alla “tribù” dei social network, ho sottolineato il passaggio ad una società multiculturale, espressione di una società non lineare, ma sicuramente complessa.

Durante il seminario ho proposto all’uditorio la mappa dei “territori socioculturali”, come proposta da Gian Paolo Fabris e vista come superamento degli “stili di vita” in una nuova scala dei bisogni di Maslow.

In tale mappa, l’apertura dall’individualismo verso il sociale è ancora connotata da valori quali il successo, il denaro, i viaggi, mentre resta in posizione di retroguardia, riguardando solo il 17% della popolazione italiana, la “cultura civica”, con i suoi valori di affettività, impegno e solidarismo, propri di una democrazia partecipativa attorno a cui ruota il Volontariato.

Se è vero che il rifiuto delle “Grandi narrazioni ideologiche” e l’instaurarsi di un dubbio sistematico conduce a considerare anche l’eticità nel quotidiano, è anche vero che il marketing tattico ha avuto le sue colpe di fronte ad un’etica che non coincide con la morale. Ecco quindi che il nuovo marketing etico deve superare sia il puro filantropismo, sia quelle cause sociali (cause related marketing) che non corrispondono ad una visione proattiva, e strutturata delle aziende verso il sociale. Solo allora il marketing, come afferma sempre G.P. Fabris, nel suo meraviglioso testo intitolato Societing: ” Troverà nuove fonti di legittimazione nella società postmoderna” e una sua ricollocazione e dignità come strategia d’impresa, inserita in comportamenti responsabili del top management aziendale e volta al sostegno di vere cause di utilità sociale

Ferdinando Ciccopiedi
Associato Individuale Professionista di Marketing