We Tech Off e Spinner, gli strumenti dell’Emilia Romagna che innova

C’è chi sta inventando un suono artificiale per il motore elettrico, un rumore artificiale da abbinare alle automobili, altrimenti così silenziose da essere pericolose in strada. Poi c’è chi lancerà un software che governa la semina del grano, chi ha nel cassetto un rilevatore di gas radioattivo miniaturizzato e super economico.

di Debora Facchini

Nonostante la crisi, lungo la via Emilia si registra un gran fermento con oltre 100 startup e spinoff innovative, nate negli ultimi anni dai laboratori delle Università e degli Enti di ricerca o da gruppi di persone con spiccato spirito imprenditoriale. Nel 2009 l’80% delle imprese nate almeno cinque anni prima, grazie alla sovvenzione globale Spinner della Regione Emilia-Romagna e ai progetti di Aster, era ancora attivo. Attivo e in crescita: dal 2007 la squadra di queste micro imprese ha visto quasi raddoppiare il proprio fatturato, passando in media da 180mila a 300mila euro. In crescita anche il numero di addetti per impresa, che ha raggiunto quota 5,8. Una tendenza in forte sviluppo, che sta coinvolgendo anche persone in mobilità o con contratto di solidarietà.

“Il fenomeno degli spinoff e delle start up innovative – spiega il presidente del consorzio Spinner Paolo Bonaretti – è decisivo perché, oltre a tradurre in prodotti spendibili sul mercato i risultati della ricerca universitaria, introduce nel tessuto produttivo nuovi soggetti che possono disseminare innovazione anche tra le imprese tradizionali, proponendosi come partner e fornitori”. E’ naturale dunque che il settore pubblico sostenga questa opportunità, che sembra davvero non risentire della crisi”. Il progetto We tech off di Aster, che seleziona aspiranti imprenditori con idee innovative, ha attualmente 33 gruppi selezionati in pre-incubazione e 16 già in incubazione. In tutto sono 49 le imprese partite o in procinto di farlo rispetto alle 79 proposte iniziali. Un’attività che ha coinvolto 248 candidati, età media 35 anni, 84% almeno laureati, di cui il 25% con il dottorato di ricerca, per la maggior parte (74%) in ambito tecnico.

“Tra i nostri beneficiari – spiega Sara Monesi, direttrice del progetto – ci sono anche ricercatori con contratti di solidarietà o già in mobilità, che rilanciano provando a mettere a frutto l’esperienza accumulata nell’azienda dove avevano fin lì lavorato”. E l’attività va avanti: “Presto faremo una nuova selezione – prosegue – abbiamo già un’ottantina di candidati. Intanto stiamo siglando un accordo a livello regionale con gli altri incubatori per offrire servizi integrati, allargando lo spettro delle opportunità, senza duplicazioni e senza disperdere risorse”.
Proprio da We tech off è decollata, due anni fa, l’azienda Lorelei, che si occupa, sotto le Due Torri, di design sonoro. Ovvero? “Il nostro obiettivo – spiega Sara Lenzi – è comporre identità sonore memorizzabili, una comunicazione basata sul suono per mostre, spot, processi di apprendimento”. Ma funziona? “Le cose stanno andando molto bene – ammette – siamo già riusciti ad avere dei riscontri in tempi brevi lo dimostra il fatto che sto correggendo in positivo le previsioni di crescita fatte. Sembra che il mercato sia pronto ad accogliere le nostre proposte, in particolare le grandi aziende che conducono ricerca interna”. “Da qualche mese – racconta Sara Lenzi – abbiamo iniziato un lavoro con una grande azienda italiana che opera nella produzione di avvisatori acustici. Insieme a loro stiamo studiando i suoni per le auto elettriche, la cui pericolosità sta proprio nel fatto di essere eccessivamente silenziose”. Una frontiera promettente: “Sono allo studio una serie di leggi negli Stati Uniti, in Europa e in Giappone che obbligheranno i produttori a inserire un suono artificiale al posto del suono del motore e noi stiamo studiando appunto quali e come questi contenuti sonori possano essere diffusi dall’automobile”.

È nata invece a Piacenza, nel cuore della food valley italiana, Horta, che si propone di fornire servizi di assistenza tecnica avanzata per le aziende agricole. “Ora – racconta Simona Giosuè – stiamo lavorando in particolare su un prodotto che si chiama granoduro.net, un servizio di assistenza tecnica interattiva via web, a cui gli utenti pagando un canone si connettono, immettono informazioni relative alla propria azienda, scelgono una stazione meteo di riferimento, (abbiamo anche una rete di stazioni meteorologiche) e in output ricevono una serie di informazioni che vanno dalla semina alla raccolta. Possono quindi seguire passo per passo, durante tutta la stagione, le varie fasi di produzione del grano duro. Questo si inserisce in vari progetti di sostenibilità ambientale, per quanto riguarda la razionalizzazione dell’utilizzo dei prodotti chimici e la produzione di prodotti di qualità”. Anche per loro le cose sembrano funzionare: “In azienda siamo in cinque con contratto più due soci – spiega Simona Giosuè – e siamo molto contenti del ritorno che sta avendo il nostro prodotto. La crisi? Non ne stiamo risentendo a livello di quantità di commesse ricevute, ma piuttosto in fase di riscossione dei crediti. La nostra attività, inizialmente radicata sul territorio locale, ha iniziato progressivamente a espandersi prima a livello nazionale e recentemente abbiamo vinto un bando europeo: Horta è la capofila di un progetto per la creazione di un prodotto simile a quello per il grano duro, applicato però alla vite, per il quale collaboriamo con altre piccole imprese spagnole e francesi”.

Imprese già affermate, ma anche buone idee sulla rampa di lancio. È il caso di Logis 3D, sostenuta da Spinner 2013, che progetta e realizza software a servizio della produzione di gioielli. “L’idea – ricorda Giovanna Migliorelli – è nata lavorando nell’ambito del trasferimento tecnologico, a stretto contatto con le aziende orafe. Valutando lo stato dell’arte ci siamo accorti di alcune lacune e, con riferimento alle necessità manifestate dagli operatori del settore, abbiamo individuato una serie di strumenti non ancora disponibili per la progettazione. Attualmente stiamo testando il nostro primo prototipo commerciale. L’attività di vendita è prevista per la seconda metà di giugno”. “Vista la trasversalità degli strumenti Cad/Cam che utilizziamo – racconta – sebbene siamo partiti dal settore oro e gioielli, pensiamo già da ora di espandere la nostra attività all’intero settore degli accessori moda, riservandoci future migrazioni in ulteriori campi, là dove le nuove tecnologie rivestono un ruolo importante. Per ora i presupposti sono molto incoraggianti, anche perché le nuove tecnologie sono un settore in continuo progresso, in cui l’iniziativa personale trova ampio spazio. Le aziende sembrano rispondere positivamente, mostrando di apprezzare gli strumenti Cad, come mezzo per potenziare il loro know how e dare nuovo impulso alla produzione”.

Ha già vinto il premio Intraprendere come miglior idea nel cassetto, invece, il progetto RSens nato sempre nell’ambito di Spinner 2013, . “L’idea – racconta Luca Bidinelli – è nata da una collaborazione scientifica tra i professori Luigi Rovati e Giovanni Verzellesi dell’ateneo di Modena e Reggio Emilia e il professore Gianfranco Dalla Betta di Trento e si è tradotta in un’impresa grazie a Spinner 2013 e all’incontro con tre ingegneri, tra cui il sottoscritto”. Un’impresa che dovrà produrre un sensore innovativo per rivelare la presenza di radon, un gas radioattivo in grado di preannunciare terremoti ed eruzioni vulcaniche. “Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità – spiega Bidinelli – il radon è la seconda causa del tumore al polmone. Il prodotto progettato da RSens, è un sistema a basso costo che grazie all’ausilio di rivelatori di particelle alfa in silicio e un’elettronica di gestione particolarmente performante consente di acquisire, anche in remoto, le informazioni relative alla concentrazione del gas. Le sue ridotte dimensioni garantiscono bassi consumi energetici, facilità d’uso e programmazione e controllo wireless”. Punti di forza tali da aprire un mercato, secondo Bidinelli, attualmente ancora molto ristretto: “Pensiamo ci sarà un progressivo affiorare di legislazioni nazionali e internazionali a tutela dei cittadini e dei lavoratori. Già oggi sono molti i paesi, tra cui anche l’Italia, che impongono misurazioni di radon da eseguire annualmente presso particolari luoghi di lavoro, a tutela della salute dei lavoratori. Alcuni Paesi virtuosi, come la Germania e la Svizzera, hanno già emesso legislazioni nazionali che impongono il controllo della concentrazione di radon anche all’interno delle abitazioni private. Attualmente siamo impegnati nella fase terminale del processo di ingegnerizzazione del prodotto, dal quale avranno origine i primi prototipi commerciali. Riteniamo plausibile potere prevedere il lancio del sistema sul mercato nel 2011”.