Silicon Valley, Italia

innovazione2Era l’agosto del 2005 quando fu gettato il primo ‘ponte’ tra l’Italia e la Silicon Valley. Dall’incontro tra il Silicon Valley Italian executive council (Sviec), fondato a Palo Alto da Jeff Capaccio, avvocato con radici liguri-calabresi fortemente legato al nostro Paese, e l’Associazione La Storia nel Futuro, fondata a Verbania dal sottoscritto: ingegnere genovese, networker di spirito più che di professione, nasceva infatti il Silicon Valley study tour (Svst), un programma di due settimane in Silicon Valley destinato a selezionati laureati e laureandi dei maggiori atenei italiani.

di Paolo Marenco

Nel 2005 gli apripista furono 11 laureandi in ingegneria elettronica informatica e aeronautica dell’Università di Genova e del Politecnico di Torino, la destinazione furono 20 aziende guidate da italiani e italoamericani associati a Sviec. Tra questi Federico Faggin, allora in Foveon, ma prima inventore del microprocessore quando era in Intel, e Massimo Prati e Flavio Bonomi, ai vertici della ricerca e sviluppo in Cisco. Ma anche Fabrizio Capobianco, il mentore del modello di impresa “ricerca in Italia, fondi e quartier generale in Silicon Valley” che da quell’anno troverà molti seguaci (si veda Innov’azione numero X).

Da quel 2005 tante altre iniziative si sono sviluppate sulla medesima traccia. Richard Boly, official dell’Ambasciata Usa a Roma organizzava il network “Partnership for Growth” che, attraverso il programma Fulbright BEST, porterà in Silicon Valley dal 2007 circa 30 ricercatori e Phd con idee di impresa a fare un corso di entrepreneurship all’Università di Santa Clara con successivo internship in azienda. Sempre nel 2007, Marco Marinucci di Google progettava attraverso La Fondazione Mind the Bridge, la prima business plan competition per startup italiane vogliose di seguire il modello tracciato da Funambol di Fabrizio Capobianco.

Una rete sempre più ampia, che cresce di anno in anno anche grazie al web, di mentor che hanno costruito i progetti, giovani italiani che vi hanno partecipato, enti finanziatori e sponsor che li hanno sostenuti, reti di business angel che sono nate come è il caso di Italian angel for growth.
Un modello che ha avuto la sua origine e trae la sua forza da un fenomeno sotto certi aspetti unico: il desiderio di ‘give back’ degli italiani di successo in Silicion Valley, vogliosi di superare le nove ore di fuso grazie ai contatti creati con i giovani universitari italiani. La crescita di una rete di persone, provenienti da grande impresa, giornalismo, comunicazione, ma anche dall’accademia, che in Italia hanno deciso di costruire questo ponte a beneficio delle nuove generazioni. E infine l’Ambasciata Usa a Roma che con Partnership for Growth ha creato un formidabile ombrello tra le iniziative nate su entrambe le sponde dell’Atlantico.

Che cosa è nato in cinque anni da tutto questo? Il primo risultato di questo ponte è, a ottobre 2005, la nascita a Torino di Aizoon, società promossa da Franco Cornagliotto dopo l’esperienza del primo Silicon Valley study tour nell’agosto dello stesso anno. Aizoon, società di consulenza IT, è stata dal 2005 autorizzata dal ministero del Lavoro quale prima, e oggi unica in Italia, agenzia per lo staff leasing nell’IT. Oggi Aizoon ha quattro sedi (Torino, Milano, Roma e Genova) e circa 350 dipendenti. Ma dagli 83 alunni di 13 Università che hanno partecipato al Silicon Valley study tour sono nate altre storie. Nicolò Borghi, 28 anni, laureato alla Bocconi, dopo aver partecipato al Silicon Valley study tour 2007 ha realizzato il social network www.siliconvalleystudytour.com ponte virtuale tra la comunità dei giovani italiani, circa 600 a oggi, e un centinaio di italiani dell’high tech operanti in Silicon Valley e in Europa. Nicolò dopo aver partecipato anche al Silicon Valley study tour 2008 ha fondato, con altri ragazzi a Milano, The Hub, primo incubatore sociale in Italia parte della rete partita da Londra qualche anno fa. Insieme a Corrado Alesso, ingegnere genovese partecipante al Silicon Valley study tour 2008, ha fondato www.volgere.com che si propone di sviluppare software easy-to-use per la comunità creativa di web-designers, fotografi, artisti.

Un’altra storia è quella di Emanuele Pierpaoli, laureato in agraria, di Bologna, che partecipante al Svst 2007 ha fondato con alcuni colleghi HK-Horticultural Knowledge, una startup per il controllo della crescita di vari tipi di frutta, a partire dalle mele. Altra storia in progress è quella di Matteo Fabbri, ingegnere genovese partecipante al Svst 2009, che con tre colleghi laureandi in scienza dell’informazione, ha realizzato Phascode, impresa per ora virtuale che però sviluppa già software sul web per diversi clienti, tra cui una startup dello Utah guidata da un italiano, conosciuta durante il Silicon Valley study tour.

Molti altri ragazzi e ragazze che hanno aperto la loro mente e colto le opportunità grazie al tour in Silicon Valley sono entrati in posizioni permanenti significative in aziende in giro per il mondo quali per esempio Goldman Sachs a Londra, Amadeus a Sophia-Antipolis, Digital Keystone a Aix-en-Provence, oltre a importanti aziende italiane quali Fiat e Ansaldo Sts. Dall’inizio del 2010 quattro di loro stanno realizzando internship in aziende e centri di ricerca della Silicon Valley.

Se si considera l’apertura realizzata verso le opportunità di sviluppo di startup in chiave globale il modello di Funambol a partire dall’esperienza dei 39 partecipanti selezionati alle tre edizioni del Fulbright BEST Program e dai 150 partecipanti alle tre edizioni di Mind The Bridge di cui 19 selezionati, si può dire che questo confronto partito nell’agosto 2005 con il primo Silicon Valley study tour, sta abbattendo le barriere fisiche rappresentate dalla distanza e creando un ecosistema di imprese e iniziative che, in un ottica di rete, sta dando un ottimo contributo allo sviluppo della nostra generazione di giovani innovatori italiani.