L’equivoco della formazione

di Marco Rosati
Studio Pierini & Partners, Associato AISM

Pubblicato su MyMarketing.Net il 27/10/2016

Ormai la notizia non fa più notizia, le aziende se vogliono continuare a competere nel loro mercato di riferimento, sempre più affetto da ipercompetitività, si sentono spesso dire che è essenziale modificare o adattare il proprio modello di business ai nuovi paradigmi imposti dall’ambiente in cui operano. La parola d’ordine è dunque: cambiamento, cambiamento e cambiamento. Affinché però tale parola non rimanga sterile nel suo significato, cioè non sia seguita da alcuna azione pratica viene sempre asserito che è necessaria molta formazione a cominciare dall’imprenditore stesso fino ad arrivare all’ultimo dipendente. Di tale circostanza se ne è accorto anche il mercato, infatti ogni giorno le nostre mail vengono letteralmente intasate da eventi formativi, più o meno blasonati, da corsi di aggiornamento professionale su qualsiasi tipo di argomento vogliamo approfondire e, in ultimo, da “maghi” che con i loro consigli preziosi sono in grado di rivitalizzare qualsiasi azienda. Non vogliamo certo asserire che la formazione non sia utile anzi raccomandiamo sempre a tutti di partecipare a corsi di formazione che hanno il grande merito di aprire le menti e quindi le vedute. Solo menti rinnovate saranno capaci di implementare e apportare nuova progettualità e nuova linfa alle nostre aziende. Vogliamo però riportare una interessante ricerca Americana sull’argomento. L’analisi ha mostrato come le grandi corporation sono vittime ”dell’equivoco della formazione”. Infatti spendono somme enormi in formazione ed addestramento dei dipendenti, ma non traggono un ritorno soddisfacente dal loro investimento in quanto l’apprendimento non genera un rendimento organizzativo più elevato perché le persone ritornano ben presto ai vecchi modi di operare.

Anche noi stessi quando abbiamo partecipato a tanti corsi di formazione ci siamo posti la stessa domanda e cioè: quanti tra i molti partecipanti sarebbero stati capaci di riprodurre quanto appreso una volta tornati nelle rispettive aziende? Secondo noi molto pochi. Difatti la ricerca Americana ha evidenziato che la formazione come strategia del cambiamento non ha funzionato quasi mai, perché? I partecipanti alle interviste hanno riferito che spesso è il contesto in cui lavorano ad impedire loro di mettere in pratica ciò che gli viene insegnato. Il contesto, dunque, crea le condizioni per il successo o per l’insuccesso, quindi bisogna prima preoccuparsi della progettazione organizzativa dei processi aziendali supportandoli con strumenti in grado di raggiungere l’obiettivo che ci siamo preposti.  I ricercatori hanno anche evidenziato che tali problematiche esistevano fin dagli anni Cinquanta, infatti nei fondamentali studi di Leadership effettuati presso la Ohio State University avevano scoperto che un corso di formazione era riuscito a modificare gli atteggiamenti direttivi dei Key Account, ma uno studio successivo aveva rivelato che quasi tutti erano poi tornati allo stile di prima. Il problema era che anche i dipendenti ben addestrati e motivati non erano in grado di applicare le nuove conoscenze e le nuove competenze quando rientravano nelle rispettive unità lavorative, che continuavano ad operare esattamente come prima.

Da tutti questi studi abbiamo desunto che la formazione e l’addestramento rendono al massimo all’interno di quelle aziende in grado di apportare un cambiamento organizzativo ben marcato con l’implementazione di programmi di sviluppo gestiti attivamente da leader sia interni che esterni all’azienda. Questo perché le su indicate iniziative inducono i dipendenti a imparare e a cambiare atteggiamento, a creare le condizioni che permettono loro di applicare ciò che hanno studiato, a promuovere miglioramenti immediati nell’efficacia organizzativa e a contribuire al consolidamento dell’apprendimento.

Attenzione però che, un ritorno inadeguato sull’investimento non è l’unico risultato negativo delle iniziative di formazione improprie, infatti altra circostanza sgradevole che può derivare da una formazione non ben contestualizzata è che i dipendenti tendono a diventare scettici e gli imprenditori si auto ingannano convincendosi di implementare un cambiamento effettivo attraverso la formazione, mentre i partecipanti sanno che non sarà così.  Cosa fare allora? I ricercatori hanno individuato degli ostacoli all’implementazione di ciò che apprendiamo. Intanto impariamo a conoscere quelle che vengono indicate come” barrire al cambiamento” per poi abbatterle. La ricerca ne ha individuate sei:

  1. Mancanza di chiarezza sulla strategia e sui valori che la sostengono;
  2. Imprenditori e i suoi più stretti collaboratori che non lavorano in team e non si impegnano a perseguire una nuova direzione strategica;
  3. Uno stile autoritario o peggio lassista da parte dell’imprenditore e dei suoi collaboratori;
  4. no scarso coordinamento tra divisioni e funzioni;
  5. Una scarsa attenzione dell’imprenditore alla gestione dei talenti;
  6. La paura dei dipendenti che non osano denunciare all’imprenditore o ai suoi collaboratori gli ostacoli che minano l’efficacia dell’organizzazione.

Il consiglio che ci sentiamo quindi di dare è di non pensare alla formazione come fine a se stessa e tale da rappresentare una panacea a tutti i nostri mali, ma piuttosto preoccupiamoci di esaltarla attraverso il cambiamento e lo sviluppo della nostra organizzazione che deve avvenire precedentemente a qualsiasi programma di apprendimento che abbiamo deciso di intraprendere.