L’alba del neuromarketing

Perchè compriamo un particolare prodotto e cosa influenza davvero le nostre decisioni? Se percorriamo rapidamente la corsia centrale di un ipermercato siamo attratti da stimoli visivi di ogni genere, alcuni ci guidano verso i reparti svolgendo così una funzione davvero utile. Altri, invece, sono richiami attenzionali verso un’offerta particolare o una zona tematica. L’insieme dei messaggi genera nella nostra mente una quantità di microattività di elaborazione che hanno un unico scopo: capire ciò che ci accade in ogni momento dell’esperienza di shopping.
La scansione visiva dell’ambiente è molto rapida, un’ occhiata della durata di un quinto di secondo è sufficiente per catturare un’informazione e consentire al cervello di comprendere l’essenza del messaggio. In alcuni casi, la decisione di acquisto matura già quando si entra in contatto visivo con lo scaffale, da una distanza appena sufficiente a distinguere i colori dei packaging e la categoria di prodotti. Da dieci metri di distanza il cervello “sa” che il colore giallo oro della confezione corrisponde al famoso cioccolatino di Ambrogio e che il tappetino verde nello scaffale degli yogurt richiama senza alcun dubbio il prodotto miracoloso che favorisce la digestione.

La decisione di aquisto si forma qualche secondo prima che sia chiara nella mente razionale del consumatore, nasce sotto la superficie della razionalità, così in profondità nel nostro inconscio che non ne siamo consapevoli se non quando come una bolla d’aria risale in superficie e si palesa in modo chiaro. La parte emozionale della nostra mente si attiva molto prima, si fa per dire, di quella razionale ed è in grado di reagire a stimolazioni anche lievi, come un suono, una macchia di colore o, più semplicemente, una forma particolare del packaging. Il cervello è in grado di evocare, se adeguatamente stimolato, le informazioni che già possiede sul prodotto agognato e scegliere rapidamente: bastano poco meno di dieci secondi per completare l’intero processo decisionale di acquisto, solo dieci secondi che possono rappresentare per le marche in competizione sugli scaffali il successo o la capitolazione. Molto dipende dalla loro capacità di essere visibili e di riuscire a attirare l’attenzione per qualche frazione di secondo, quanto basta al cervello per raccogliere informazioni utili, richiamare le conoscenze pregresse del brand e, quindi, decidere l’acquisto.

Sembra tutto molto semplice e scontato, ma non è così. In questo caso la semplicità è solo una mera illusione, per essere visti, riconosciuti e acquistati occorre sviluppare una profonda conoscenza dei comportamenti dei consumatori, non basta più chiedere loro cosa li ha spinti ad optare per una marca o a cambiare la propria scelta in favore di un’altra. La parte razionale del nostro cervello non è in grado di riferire all’intervistatore perchè ha fatto tali scelte, dovremmo chiederlo alla componente emozionale e profonda che, per nostra sfortuna, non può essere intervistata.

Ma quanto influisce la parte razionale nelle decisioni di acquisto? Gli studi di neuromarketing, che si avvalgono di metodologie non verbali quali l’eeg-biofeedback, l’eyetracking o l’FMRI, confermano che la parte razionale influenza circa il 5% della decisione. Solo il 5%! Il restante 95%, ovvero la parte sommersa dell’iceberg, è la vera sede delle decisioni, ma è anche quella che le normali ricerche di mercato di tipo verbale, non riescono a rilevare.

Il problema che i marketer dovranno affrontare è come rilevare il momento della decisione e capire quali siano i pattern comportamentali che maggiormente caratterizzano l’acquisto dei propri prodotti; servono nuove metriche più precise per sondare il profondo, ma occorre anche fare un salto di qualità nelle ricerche di mercato e guardare ai contributi e alle conoscenze di altre discipline, quali le neuroscienze o il design, per capire cosa pensa il consumatore e come decide.

Vediamo come si svolge una ricerca di neuromarketing.
La ricerca conclusa nel mese di novembre 2009 ha coinvolto 24 consumatrici di età media che sono state invitate a guardare comodamente sedute su un sofà 24 pubblicità (inserite in un documentario) simulando così una normale trasmissione televisiva, come a casa propria, l’unica differenza è che le loro reazioni cognitivo/emozionali sono state rilevate ogni ottavo di secondo da alcuni piccoli sensori fissati con delle clip ai lobi delle orecchie e sulla nuca. Il tutto si è svolto a Milano nella sede di 1to1lab, un istituto specializzato in ricerche di neuromarketing.

Mentre le spettatrici guardavano tranquillamente il documentario, i sensori trasmettevano informazioni su informazioni sull’attività elettrica del cervello associata, ad esempio, ad un momento particolarmente coinvolgente del documentario oppure al riconoscimento del brand o ad un’emozione suscitata da una situazione narrativa proposta da una pubblicità. Le informazioni così raccolte sono state successivamente rielaborate in modo da ottenere delle metriche interessanti e utili per le decisioni di marketing. Adottando la metodologia di neuromarketing C.E.M.S. (Cognitive Emotional Measurement Systems) di 1to1lab è possibile misurare le reazioni di un consumatore e la sua attività eeg (onde elettriche prodotte dal cervello) ogni ottavo di secondo utilizzando i seguenti parametri :

attenzione generale
attenzione focalizzata (attività di connotazione e analisi dei particolari)
memory retention (acquisizione di nuovi elementi, apprendimento)
evocazione (richiamo di conoscenze ed esperienze pregresse, brand awareness)
ansia
decoding (difficoltà a risolvere un problema).

Che tipo di informazioni si possono ottenere grazie a tali parametri?
Molte e davvero nuove che permettono di rispondere ad alcune domande fondamentali per il marketing, per esempio: la pubblicità suscita attenzione? Quali parti dello spot sono più emozionanti? Il brand produce awareness? I claim sono efficaci? La pubblicità evoca ricordi pregressi? Aggiunge nuove informazioni? E così via.

Tutto avviene quasi senza chiedere nulla alle spettatrici alle quali, subito dopo il test, viene mostrata la loro performance mentale e in tal modo possono “guardarsi dentro, o dall’esterno” scoprendo di aver avuto delle reazioni di cui non si sono rese conto. Ad esempio, un picco di attenzione di 0,4 secondi generato dalla visione di un bambino in braccio alla mamma che ha richiamato (evocazione) uno scampolo di vita vissuta (connessione realtà-esperienza personale).
E’ davvero una nuova prospettiva per il marketing che potrà migliorare la qualità dell’esposizione narrativa e accrescere l’appeal del brand riducendo drasticamente i margini di errore molto prima del lancio della campagna pubblicitaria.

Ma a che punto è lo sviluppo del neuromarketing in Italia? Siamo ancora ai primi passi, ma molte aziende stanno cominciando a sviluppare i primi progetti pilota con grande interesse e curiosità. Per fare il punto della situazione 1to1lab (www.1to1lab.com) sta svolgendo una ricerca online alla quale Aism ha aderito offrendo la possibillità ai lettori di partecipare al test compilando il questionario raggiungibile grazie al seguente link: http://emozioniemarketing.blogspot.com/

I risultati saranno pubblicati e presentati alla fine di gennaio 2010.

 

di Francesco Gallucci

(Presidente di 1to1lab e autore dei libri “La Strategia della Semplicità”, “Marketing Emozionale” e “Il marketing dei luoghi e delle emozioni”, editi da Egea, Milano)